giovedì 30 aprile 2015

Stendhal, Milano e l'odore dei colori ad olio

Citofonare Francesca oggi torna fra voi. Come ho già premesso alcuni giorni fa su FB, sto attraversando un periodo piuttosto frenetico, riesco a scrivere poco e la cosa mi sta piuttosto angustiando. Tuttavia, quando riesco a trovare degli scampoli di libertà, mi rifugio qui dentro e do sfogo alla mia creatività. Credo riprenderò la normale routine nel mese di Giugno, mi auguro fin da ora che mi resterete "amici", anche se sarò meno presente. Prometto un carico extra per i mesi estivi.
Meditavo da un po' di tempo su questo post, ma gli volevo dedicare la giusta cura.
Durante la mia ultima visita a Milano avevo progettato di visitare le Gallerie d'Italia e così ho fatto.
Gallerie d'Italia è un progetto creato nell'ambito di Progetto Cultura dal Gruppo Intesa San Paolo. Palazzi storici, in passato destinati all'attività bancaria, sono stati trasformati in sedi espositive. Avevo già a suo tempo dedicato un post all'organizzazione delle Gallerie in varie città d'Italia, oggi quindi mi voglio soffermare su Milano e su quello che ha da offrirvi.
Il percorso milanese si articola in due parti : L'Ottocento, da Canova a Boccioni e Cantiere del '900. Due secoli d'arte, due secoli di opere straordinarie visibili da chiunque ed a costo zero. Sì, perché qui non c'è alcun ticket d'ingresso, avete capito bene.
L'800 si articola su Palazzo Anguissola Antona Traversi e Palazzo Brentani. Non sto qui ad elencarvi le note storiografiche, sarei tediosa oltre ogni limite. Credo che, se ne siete interessati, una buona ricerca su Wikipedia, riuscirà a soddisfare la vostra curiosità. Il percorso propone ben 197 opere, di ambito soprattutto lombardo. Nel sito http://www.gallerieditalia.com/it troverete tutte le opere, io qui vi riporterò cosa mi ha colpito, cosa mi ha lasciato negli occhi una pagliuzza dorata.
Mi sono accorta negli ultimi anni di soffrire in forma lieve (per ora) della Sindrome di Stendhal, quindi perdonerete il mio eccesso di entusiasmo e di adorazione indefessa.


Il Gregge (L'Umanità), Filippo Carcano, 1906

Filippo Carcano, allievo di Hayez, è considerato il caposcuola del Naturalismo lombardo. Il titolo di questa tela mi ha colpito in modo particolare, e mi sono chiesta se già all'inizio del secolo scorso la parola "gregge" accostata alla parola "umanità", assumesse un significato negativo, come lo è oggi. Il termine gregge per noi, uomini moderni, sta ad indicare un insieme di persone che avanzano e seguono una scia, un sentiero, senza prestare attenzione alle proprie opinioni, alle proprie idee. Forse nel 1906 si voleva sottolineare l'aspetto biblico della questione, la metafora del gregge, come di un popolo mansueto da dover guidare. Un popolo smarrito che cerca la sua terra. Mi piacciono i colori, il senso dell'orizzonte che si perde nella luce, gli animali che seguono questa linea infinita, attratti da una forza naturale e placida. Ho provato serenità nell'osservare, una serenità ormai a noi aliena.



Ritratto di signora, Emilio Gola, 1903

Emilio Gola è un pittore della nobiltà milanese di fine '800. Riconosciuto maggiormente a livello europeo, si dedica alla ritrattistica, soprattutto femminile. Le signore nobili milanesi sono rappresentante nella loro dimensione mondana, sottolineando l'aspetto naturalistico ma allo stesso tempo calcando la mano su alcuni toni di colore. Mi sono soffermata a guardare questa donna perché ci ho trovato della sensualità. Un profilo sicuro ma allo stesso tempo fragile, dei capelli raccolti dietro la nuca, un collo ed una spalla scoperti ed offerti all'occhio dell'artista. C'è solo lei a completare la scena, non serve altro.


Il '900 trova spazio all'interno della sede storica della Banca Commerciale Italiana, affacciata su Piazza della Scala. Cantiere del '900 è il progetto dedicato alla valorizzazione delle collezioni del XX secolo di Intesa Sanpaolo. Tutte le opere riconducono al concetto di spazio e tempo, ed alle forme che hanno assunto nello scorrere degli anni.


Buste de femme au chapeau, Enrico Baj, 1951

Enrico Baj è il primo artista che ho incontrato in questo percorso. Quest'opera è un collage.
I gioielli sono veramente dei piccoli tesori (dubito dello loro reale autenticità), i bordi del vestito sono delle passamanerie degne della miglior merceria. Adoro i collages. Resterei per delle ore a guardarli, a coglierne ogni piccola sfumatura. Sono sempre stati la mia passione, fin da bambina. Mi sono documentata in merito a Baj. Pittore, scultore ed anarchico italiano,è venuto a mancare nel 2003. Baj è fondatore assieme a Sergio Dangelo del Movimento Arte Nucleare, nato nel 1950 a Milano. Vi riporto uno stralcio del loro Manifesto : « i Nucleari vogliono abbattere tutti gli "ismi" di una pittura che cade inevitabilmente nell'accademismo, qualunque sia la sua genesi. Essi vogliono e possono reinventare la Pittura.
Le forme si disintegrano: le nuove forme dell'uomo sono quelle dell'universo atomico. Le forze sono le cariche elettriche. La bellezza ideale non appartiene più ad una casta di stupidi eroi, né ai robot. Ma coincide con la rappresentazione dell'uomo nucleare e del suo spazio. [...] La verità non vi appartiene: è dentro l'atomo. La pittura nucleare documenta la ricerca di questa verità. » Trovo che il concetto di bellezza ideale sia qualcosa di estremamente moderno, e che riportato ai giorni nostri vada a convergere sull'annosa questione di chi decide cosa è bello o cosa non lo è. Baj diffidava di giovani eroi e robot, e credo dovremo seguirne l'esempio. Sicuramente questa donna vi richiamerà alla mente Guernica, il famoso quadro di Picasso. Proprio lì, in quello stile, in quelle forme prive di ogni struttura "logica", Baj ritrova il suo stile, la sua forma di bellezza.






Particolare della nascita di Venere, Giosetta Fioroni, 1965

Non potrò mai rendervi partecipi della maestosità di questo olio. 200 x 100 cm. Una venere botticelliana che si ripete all'infinito e riempe gli occhi di bellezza. L'autrice è Giosetta Fioroni. Giosetta è una donna, una pittrice, un'eclettica, una sperimentatrice, possiamo pure definirla anche un esponente della "pop art" italiana. Giosetta ama le contaminazioni, ed io amo lei. Ad 80 anni riesce ancora a mettersi in gioco, a stupire e stupirsi. Credo che la sua vita debba essere conosciuta. Se vi dicessi che la protagonista dell'Odore del sangue di Parise è lei? Quasi mezzo secolo di passione, amore, rabbia, tradimenti. Due artisti che si respingevano e si attraevano allo stesso modo. Un ultimo libro, My Life, dove ripercorre le tappe della sua vita professionale e privata, illustrandole. Non semplici illustrazioni, ma un insieme vorticoso di foto, parole, disegni, colori. Vi lascio due link, leggeteli ed ascoltateli.

http://www.enquire.it/2014/05/23/a-portrait-of-giosetta-fioroni/
http://www.arte.rai.it/articoli/giosetta-fioroni-my-story/23731/default.aspx

Ci sarebbero tantissime altre opere da commentare, da consigliare. Non mi voglio dilungare troppo e voglio lasciare spazio alla vostra fantasia ed alla vostra curiosità. Visitate le Gallerie, aiutate la cultura a rimanere viva ed aperta a tutti.

A presto.

Francesca



martedì 14 aprile 2015

Troppa felicità

Ieri sera si è tenuto il nostro solito incontro mensile per discutere la lettura scelta. Questa volta, sul banco degli imputati, si è presentato Troppa felicità di Alice Munro.


Come tutti saprete, la Munro è stata insignita del Premio Nobel nel 2013 per tutta la sua produzione letteraria. Scrittrice canadese, nata nel 1931, ha raggiunto la fama internazionale grazie alla sue short stories, racconti. Qui si apre l'annosa questione della valenza letteraria del racconto. Spesso dai lettori forti ed anche dalla critica istituzionale, le raccolte di racconti vengono considerate in maniera minore. La stessa Munro in uno dei suoi racconti definisce "chi ne scrive come degli appesi ai cancelli della letteratura". Io ne ho letti e ne continuo a leggere. Non penso siano una forma di letteratura minore, anzi. Il racconto può lasciarti dentro qualcosa di sfuggente e radicato allo stesso tempo. Può e deve essere anche una forma di lettura alternativa. Non sempre siamo predisposti a leggere tomi di 300 e passa pagine, alcune volte abbiamo la voglia e la necessità di poter trovare il senso di una giornata in un paio di facciate, o di perderlo anche tutto quel senso. 
Non fatevi ingannare dal titolo; Troppa felicità non parla di felicità, o almeno di una felicità canonica. Faccio una piccola premessa, in modo che voi capiate il mood del "mio" momento. Ultimamente faccio veramente fatica a catalogare cose, situazioni, sentimenti in tristi e felici. Credo che tutto possa essere triste e felice allo stesso tempo, colgo sfumature che prima non riuscivo a capire. Sapete la famosa distinzione che da bambino ti insegnano fra il bianco ed il nero? Ecco, l'ho smarrita. Vedo tutto in una scala di grigi. Mi chiedo se sia un bene od un male. Sto portando la mia sensibilità a dei livelli estremi. La Munro non mi ha per niente aiutato in questo.
Non avevo mai letto niente di lei, e non so nemmeno se ho iniziato dal testo più giusto. Troppa felicità è stato scritto nel 2011, quindi in età avanzata. La Munro narra di padri assassini, madri devastate, figli che spariscono nell'oblio per anni, tradimenti e vite da ricostruire da perfetta cronista. Non mi riferisco allo stile, quanto al coinvolgimento. Non si lascia trascinare nei meandri della disperazione, dell'abominio, ma attornia i suoi personaggi di nuova vita, nuove imprese, nuove conoscenze. Da un evento luttuoso scaturiscono conseguenze che si possono rivelare anche positive o lasciare del tutto indifferenti. Non mi sono soffermata molto su cosa volessero "dirmi" questi racconti. Li ho letti come se mi scorresse la vita davanti, come se fossi un attenta spettatrice di tutto quello che mi gravita attorno. Non la definisco rassegnazione, sarebbe svilente, ma semplice accettazione e constatazione. Spesso la vita prende delle pieghe inaspettate, ci mette a dura prova, ci sfida. Alice Munro in questi testi impegna i suoi personaggi in delle battaglie improvvise, crudeli, spiazzanti, ma li fa uscire vincenti, forse non felici né tristi, semplicemente umani.
Credo che Troppa felicità sia una panacea se avete l'animo in tumulto, ed avete bisogno di essere più obiettivi e neutrali verso la vostra vita. Buona lettura. 

Francesca

mercoledì 1 aprile 2015

La neve era sporca

Credo che certi libri ci vengano a cercare. Molte volte li acquistiamo,anche in forma compulsiva, e poi li lasciamo decantare in libreria. Non ho mai un ordine preciso riguardo al prossimo libro che leggerò, mi lascio un po' trascinare dal momento, dall'estro, oppure mi posiziono davanti a loro ed aspetto che qualcuno mi chiami. Un paio di settimane fa, una vocina di nome Simenon, mi ha chiamato. Era lì, nascosto fra gli altri, ma io ho allungato il braccio e l'ho preso. L'ho salvato dall'oblio. Eccomi di nuovo alle prese con "un Simenon". Come ho già avuto modo di scrivere per La camera azzurra, ho scoperto questo autore grazie al mio Gruppo di Lettura. Non gli ho mai dato una possibilità in tutti questi anni, perché lo consideravo uno scrittore di genere, un "giallista". Ribadisco il mio totale fallimento riguardo quest'idea, Simenon è tutto, tranne che uno scrittore di gialli. Quando ho preso fra le mani La neve era sporca, ho capito già dalla copertina che non avrei trovato al suo interno parole rassicuranti, o che mi avrebbero trasmesso serenità.

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Il quadro raffigurato è del pittore francese Maurice de Vlaminck, e si intitola Saint-Maurice-Lès-Charencey. Quello che potete vedere è un paesaggio, uno scorcio di strada con delle abitazioni, in un clima invernale. Si distingue un uomo che passeggia sulla neve. De Vlaminck fu un pittore autodidatta, che a malincuore si avvicinò alle varie correnti del momento. Durante l'età matura il suo modello di ispirazione fu Cèzanne, con i suoi colori poco accesi ed il cromatismo drammatico. 
Qui infatti, si respira tutta la drammaticità di una città invasa da una neve sporca, macchiata dal fango, dai passi dell'uomo, dalla corruzione, dalla malvagità.
Protagonista del romanzo è Frank, diciannovenne, figlio di Lotte, tenutaria di un bordello. Simenon non colloca, né temporalmente né geograficamente il racconto, ma da molti indizi sparsi nel libro, si reputa possa trattarsi dell'ultimo periodo della seconda guerra mondiale e di territori quali l'Austria o l'Ex Cecoslovacchia. Frank conduce una vita discretamente agiata, non ha problemi nel procurarsi abiti, cibo, soldi, ma questo a Frank non basta, deve assolutamente avere un'arma, una rivoltella. Questo è stato deciso e questo farà. Frank avverte il desiderio di dover uccidere, di capire cosa si prova a levare la vita ad un'altra persona. Sulla sua strada troverà molti amici che si tramuteranno in nemici e viceversa. Ci sarà l'amico di bevute e di donne Kromer, le prostitute al soldo di sua madre, la giovane Sissy, le spie che aiuteranno Frank in una rapina. Il ragazzo cadrà in una spirale di depravazione, delinquenza e criminalità che lo porterà sempre più in basso, sempre più in fondo. Succederà tutto come lui aveva previsto ed organizzato nei minimi dettagli. Un unico barlume di speranza manterrà in vita Frank nel periodo più buio della sua vita, e quella speranza prenderà forma.
Ancora una volta, come nella Camera azzurra, Simenon affonda la scrittura nella psiche umana, nei suoi meandri. Frank è un personaggio negativo, o direi quasi assuefatto alla negatività. Ormai vede per lui solo quell'unica possibilità. Non c'è redenzione. Solo nel finale ci sarà la riscoperta di sentimenti positivi, quali la tenerezza, l'amore o il perdono; ma serviranno solo a Frank per acquietare il suo animo ed arrendersi alla volontà dei fatti, fatti che lui ha deliberatamene causato.  
Leggere Simenon è come addentrarsi nella tipica letteratura russa. I personaggi vengono scandagliati attentamente, emergono passioni violente, desideri reconditi, drammi umani. Non è una lettura di svago, è una lettura di approfondimento. Simenon aiuta l'uomo a capire meglio sé stesso, a non aver paura delle debolezze, anche delle sue bassezze e grevità. Non turba, fa riflettere. Mi hanno consigliato in tantissimi L'uomo che guardava passare i treni, qualcuno di voi lo ha letto?
A presto,

Francesca