mercoledì 18 febbraio 2015

L'umanesimo norvegese

Citofonare Francesca è ancora fra voi. Non esagerate in dimostrazioni di giubilo eccessivo. Sì, lo so, mi vedete ancora in forma scritta. Io ci ho provato, ve lo giuro. Mi sono posizionata con la mia scaletta ordinata e la web cam in dotazione, ed ho iniziato a girare. Avrò fatto circa una decina di prove, a filmato ottenuto non ne sono rimasta soddisfatta. Non mi sono piaciuta, non mi potevo sentire. Troppe pause, troppe ripetizioni. Sicuramente devo affinare la tecnica, allenarmi per essere più scorrevole. Tutte queste giustificazioni per dirvi che mi dovrete sopportare ancora in forma scritta, forse per un mese, per due, per altri sei..non metto una scadenza alle mie turbe da debutto tubistico.

Il carcere di Halden


Un paio di settimane fa, grazie ad un'anteprima Sky, ho potuto bearmi della visione di "Cattedrali della Cultura", un documentario di 158 minuti, nato dalla genialità di Wim Wenders. Presentato alla Berlinale del Febbraio 2014, vede la collaborazione di sei registi internazionali, per dare voce all'anima di alcuni edifici, che rappresentano le culle della cultura. Si va dalla Berliner Philarmonic, alla Biblioteca Nazionale Russa, dal Salk Institute di Jolla, all'Opera House di Oslo, dal carcere di Halden, al Centre Pompidou di Parigi. Sky Arte ho suddiviso l'intero documentario in tre puntate, assegnando il ruolo di voce narrante all'attore Alessio Boni (scelta azzeccatissima ).


La cattedrale della cultura che mi ha lasciato più stordita in maniera positiva, è sicuramente il carcere di Halden. Certo, un carcere trova una bizzarra ed insolita collocazione fra biblioteche, teatri ed istituti di ricerca; ma in questa "fortezza" si promuove la cultura dell'uomo, della sua riscoperta e rinascita. Il danese Michael Madsen ha voluto raccontare la vita del "carcere più umano al mondo", come è stato definito dal Time. La prigione norvegese di Halden è una vera e propria città fortificata all'interno della foresta nordica.


 Una muraglia di cemento armato confina al suo interno assassini, pedofili, spacciatori. Oltre c'è la vita di tutti i giorni, che scorre lentamente. Halden ospita temibili trasgressori della legge al massimo per 21 anni ( in Norvegia non è prevista la pena dell'ergastolo ), e cerca di restituirli alla società come persone nuovamente in grado di lavorare, di stringere rapporti di convivenza civile e non solo. La reiterazione del reato, per i quali si è stati incriminati, in Norvegia è molto bassa. I metodi rieducativi nordici vincono di nuovo 1000 a 0 rispetto ai nostri. Nel carcere di Halden si resta chiusi in cella per poche ore durante la giornata, ed ovviamente di notte. Le celle sono singole, dotate di televisore a schermo piatto, bagno e frigo privato.
I detenuti sono divisi in sezioni da dieci, ognuno delle quali ha una sala-cucina, dove si possono trovare comodi divani, X-Box e giochi da tavolo.


 I detenuti possono studiare, diplomarsi e laurearsi. Hanno a disposizione una biblioteca fornita, un supermercato dove poter spendere i sette euro, che vengono guadagnati lavorando all'interno del carcere.


 Palestra e campo da basket a loro uso. Halden resta sempre un carcere, questo deve essere chiaro a tutti. La sua filosofia è tutta concentrata attorno alla figura dell'uomo ed alla sua rinascita, quasi si volesse inaugurare un nuovo Umanesimo. Anche qui si trovano le celle di isolamento e la loro disperazione. Anche qui se non si rispettano le regole, si viene esiliati in piccole stanze troppo bianche ed in stretti cortili come animali da circo. Ci troviamo di fronte ad una piccola società e come tale va rispettata e protetta. Chi non si attiene ai regolamenti, viene di nuovo punito. 
Questo documentario mi ha lasciato un sapore dolciastro in bocca, ma amabile. Le riprese si soffermano spesso sulla foresta, sugli alberi, sul rumore delle foglie al vento. La natura avvolge questo cubo di cemento, quasi a volerlo proteggere, cullare. Viene isolato dal resto del mondo , ma allo stesso tempo accudito, collocandolo in uno spazio temporale a sé stante. 
All'interno della prigione di Halden, la presenza delle guardie carcerarie femminili è dominante. Donne che giocano con i detenuti, che pranzano, che guardano la tv con loro. Questa è pura poesia. Non è un caso secondo me che figure femminili vengano affiancate a uomini pericolosi. Queste donne, sebbene nella loro uniforme, riescono a scaldare il cuore con i loro sguardi, i loro sorrisi. Trovo ci sia un simbolismo molto forte : la donna rappresenta nascita, rinascita, speranza, compassione; madonne con il manganello.


Un altro elemento che mi ha colpito molto è la multiculturalità di questo carcere. Sappiamo benissimo che pure in Italia in una cella possono convivere cristiani, musulmani, ebrei, atei, provenienti dalle più svariate Regioni del mondo, ma Halden è il modello a cui ogni società dovrebbe guardare. Elemento unificante è il luogo di culto. Una stanza molto ampia dove convergono simboli cristiani ed islamici. I due rappresentanti religiosi condividono uno spazio dove poter esporre un crocifisso ed un Corano. Qui si può celebrare l'eucaristia, e dieci minuti dopo veder il pavimento ricoperto di tappeti per la preghiera. Una piccola comunità carceraria che cerca e trova nella disperazione un germoglio d'uguaglianza, di fratellanza. 
Il carcere di Halden mi ha lasciato dentro poesia, speranza, e dolore. Dolore che non grida, che non fa a pugni con la tua anima, è un sentimento soffuso che è giusto provare, per capire che dalla disperazione si può rinascere. 

mercoledì 4 febbraio 2015

Il cartongesso squarciato

Buon pomeriggio! Sì, lo so, non aggiungete altro. Citofonare Francesca è rimasto assente di nuovo per quasi un mese. Ho avuto nell'ordine una pessima influenza che mi ha costretto a letto diversi giorni, ed impegni vari ed eventuali che mi hanno allontanato dalle parole e dal pc. Ma sono tornata,o meglio, è tornato il vostro Citofono. Vi avevo detto che il 2015 sarebbe stato un anno di cambiamenti anche qui, e così sarà, o almeno ci proverò. Alcune volte mi sono sentita in seria difficoltà nel portare a termine un post, e non perché non avessi la voglia, lo spunto o le idee per scrivere, ma semplicemente perché il tutto mi sembrava estremamente lungo; pensavo all'attenzione di chi si trovava a leggere, e la vedevo svanire. Nei miei post confluiscono molte notizie, concetti; penso sia normale alcune volte perdere il senso logico dell'intera faccenda o non avere più voglia di seguire. Non sono uno scrittore o un giornalista, non ho uno stile avvincente. Qui si legge perché ci si vuole appassionare. Ecco, io questa "passione" credo di non avervela sempre trasmessa.
Ho deciso quindi che questo blog diventerà un contenitore di recensioni. Libri letti, spettacoli o film visti, eventi ai quali prenderò parte. Tutto quello che esulava da ciò, e quindi segnalazioni artistiche, musicali, letterarie etc..verrà condensato in video. Ebbene sì, mi lancerò anch'io ( spero in breve tempo) nella fossa di YouTube e editerò il mio primo video. Riuscirò così ad alternare una parte scritta ad una parte più sciolta ed improvvisata. Non nego che anche dietro ai filmati ci sarà un lavorio non da poco, dovranno essere studiati e ragionati. Il Citofono si trasformerà in un Video Citofono. Siate buoni. 
Oggi c'è comunque il ticchettio dei tasti del pc, quindi accorrete numerosi e partecipate!

Cartongesso

Venerdì 30 Gennaio sono stata spettatrice di un reading letterario. Ridurlo a semplice reading per me è molto riduttivo e superficiale. Il romanzo letto è appunto Cartongesso di Francesco Maino.
Cartongesso è il vincitore del Premio Calvino 2013 con la seguente motivazione : «La Giuria decide di assegnare il Premio Calvino 2013 a Cartongesso di Francesco Maino per la sua natura felicemente ibrida (non è un romanzo né un saggio né un pamphlet) ‒ un difficile azzardo che nulla toglie alla sua capacità di coinvolgimento ‒ e per la straordinaria potenza inventiva della lingua. Un’invettiva contro il disfacimento del Veneto (e, per sineddoche, dell’intera nazione) e la sua trasformazione in un non-luogo di consumi banali, di vite perse in una generale omologazione, di cui è emblema la corruzione della parola. Il libro è un bilancio insieme personale e collettivo, nel quale la disperazione di un individuo e il suo intenso e inquieto disagio diventano una foto di gruppo antropologicamente esatta ed espressivamente efficace».


Mi chiederete di cosa parla Cartongesso. Parla, punto. Parla della mia città, del "territorio" dove vivo, delle ansie e delle frustrazioni che ci legano qui, dell'odio per certi usi, per certe abitudini che si sono impossessate dei più. Parla dell'omologazione, del non riuscire ad essere sensibili verso gli altri, verso il mondo, verso noi stessi. Parla del Nord-Est, della mentalità, della strada che tutti devono percorrere perché così si deve fare. Parla di desideri mai realizzati, sopiti sotto domeniche piovose e monotone. Chi parla è Michele Tessari, avvocato, che esegue una perfetta arringa esistenziale, un monologo delirante ma non troppo. Un monologo di rabbia.
Ammetto che io non sono una lettrice che si tuffa sull'ultima uscita, che osanna a gran voce l'ultimo successo, o l'ultimo premio della critica. Io ho acquistato il libro dopo il reading. 
Io ne sono stata rapita per 90 minuti. Non ho perso una parola, un gesto, un suono; e quando non riuscivo a sentire bene, o il fruscio di qualche cappotto mi disturbavo, mi sono tesa verso il palco, quasi fisicamente. L'autore, Francesco Maino, è stato perfetto. Non lo dico per tessere lodi ovvie. Leggere davanti ad un pubblico, davanti a 500 persone,non è facile, non è da tutti. Leggere come ha letto lui è l'urgenza. L'urgenza di dover dire tutto e subito, di non poter aspettare oltre. L'urgenza di buttare fuori anni di riflessioni, di sorrisi di circostanza, di vuoto intorno. Una lettura incalzante, spietata, bella. Sapete che io non uso il termine "bello" con tanta facilità, qui non avrei altre parole. 
Sul palco del teatro era accompagnato da un gruppo : i Margareth.
Io ho visto solo pochi connubi del genere. Musica e parole che si sono incastrate come piccole tessere di un mosaico. La musica ti entrava ovunque, se cercavi di isolarla nelle orecchie, ti prendeva il cuore, se volevi mettere a tacere un battito troppo impertinente, ti riempiva i polmoni. Credo di aver sofferto, per qualche interminabile secondo, della sindrome di Stendhal. Anzi, ne sono certa.
Tutta questa insopportabile manfrina per dirvi di leggere Cartongesso, di ascoltare i Margareth, di assistere ad un loro reading. 
Vi avrei voluto linkare qualche video sul gruppo, ma non trovo nulla su YT, né su Spotify, oppure sono semplicemente un'emerita incapace. Li potete però trovare su FB. Hanno un profilo interessantissimo e costantemente aggiornato con le date dei reading. 

Bene, questa era la parte seria. Arriviamo adesso a qualcosa che vi devo. Avviso già che vi saranno date in pasto solo poche gocce, tutto a vantaggio della vostra salute mentale. Nei giorni scorsi, ho tempestato i social di foto del libro "Se questo è un uomo" di Primo Levi, annunciando una lettura pubblica. Ebbene, il 28 Gennaio è stata messa in opera, con un discreto successo di pubblico (circa 50 persone) ed una soddisfazione generale da parte di tutti i lettori.
Vi allego video ufficiale. Sono stata dotata di parola!


Per oggi direi che è proprio tutto. Ci leggeremo qui o ci vedremo da qualche parte sul tubo. Io segnalerò sempre la mia presenza, non mi perderete d'occhio tranquilli.
P.S. : Ho dimenticato la location del reading. Vi lascio il link dove potrete ammirare il mastodontico nuovo teatro di San Donà, che ha visto la luce solo lo scorso dicembre. Ha già un calendario fitto di appuntamenti. Potreste trovare qualcosa di interessante!

Aspetto sempre i vostri commenti, opinioni, insulti moderati qui, su Fb, Twitter ed IG.
Buona serata!

Francy