mercoledì 1 aprile 2015

La neve era sporca

Credo che certi libri ci vengano a cercare. Molte volte li acquistiamo,anche in forma compulsiva, e poi li lasciamo decantare in libreria. Non ho mai un ordine preciso riguardo al prossimo libro che leggerò, mi lascio un po' trascinare dal momento, dall'estro, oppure mi posiziono davanti a loro ed aspetto che qualcuno mi chiami. Un paio di settimane fa, una vocina di nome Simenon, mi ha chiamato. Era lì, nascosto fra gli altri, ma io ho allungato il braccio e l'ho preso. L'ho salvato dall'oblio. Eccomi di nuovo alle prese con "un Simenon". Come ho già avuto modo di scrivere per La camera azzurra, ho scoperto questo autore grazie al mio Gruppo di Lettura. Non gli ho mai dato una possibilità in tutti questi anni, perché lo consideravo uno scrittore di genere, un "giallista". Ribadisco il mio totale fallimento riguardo quest'idea, Simenon è tutto, tranne che uno scrittore di gialli. Quando ho preso fra le mani La neve era sporca, ho capito già dalla copertina che non avrei trovato al suo interno parole rassicuranti, o che mi avrebbero trasmesso serenità.

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Il quadro raffigurato è del pittore francese Maurice de Vlaminck, e si intitola Saint-Maurice-Lès-Charencey. Quello che potete vedere è un paesaggio, uno scorcio di strada con delle abitazioni, in un clima invernale. Si distingue un uomo che passeggia sulla neve. De Vlaminck fu un pittore autodidatta, che a malincuore si avvicinò alle varie correnti del momento. Durante l'età matura il suo modello di ispirazione fu Cèzanne, con i suoi colori poco accesi ed il cromatismo drammatico. 
Qui infatti, si respira tutta la drammaticità di una città invasa da una neve sporca, macchiata dal fango, dai passi dell'uomo, dalla corruzione, dalla malvagità.
Protagonista del romanzo è Frank, diciannovenne, figlio di Lotte, tenutaria di un bordello. Simenon non colloca, né temporalmente né geograficamente il racconto, ma da molti indizi sparsi nel libro, si reputa possa trattarsi dell'ultimo periodo della seconda guerra mondiale e di territori quali l'Austria o l'Ex Cecoslovacchia. Frank conduce una vita discretamente agiata, non ha problemi nel procurarsi abiti, cibo, soldi, ma questo a Frank non basta, deve assolutamente avere un'arma, una rivoltella. Questo è stato deciso e questo farà. Frank avverte il desiderio di dover uccidere, di capire cosa si prova a levare la vita ad un'altra persona. Sulla sua strada troverà molti amici che si tramuteranno in nemici e viceversa. Ci sarà l'amico di bevute e di donne Kromer, le prostitute al soldo di sua madre, la giovane Sissy, le spie che aiuteranno Frank in una rapina. Il ragazzo cadrà in una spirale di depravazione, delinquenza e criminalità che lo porterà sempre più in basso, sempre più in fondo. Succederà tutto come lui aveva previsto ed organizzato nei minimi dettagli. Un unico barlume di speranza manterrà in vita Frank nel periodo più buio della sua vita, e quella speranza prenderà forma.
Ancora una volta, come nella Camera azzurra, Simenon affonda la scrittura nella psiche umana, nei suoi meandri. Frank è un personaggio negativo, o direi quasi assuefatto alla negatività. Ormai vede per lui solo quell'unica possibilità. Non c'è redenzione. Solo nel finale ci sarà la riscoperta di sentimenti positivi, quali la tenerezza, l'amore o il perdono; ma serviranno solo a Frank per acquietare il suo animo ed arrendersi alla volontà dei fatti, fatti che lui ha deliberatamene causato.  
Leggere Simenon è come addentrarsi nella tipica letteratura russa. I personaggi vengono scandagliati attentamente, emergono passioni violente, desideri reconditi, drammi umani. Non è una lettura di svago, è una lettura di approfondimento. Simenon aiuta l'uomo a capire meglio sé stesso, a non aver paura delle debolezze, anche delle sue bassezze e grevità. Non turba, fa riflettere. Mi hanno consigliato in tantissimi L'uomo che guardava passare i treni, qualcuno di voi lo ha letto?
A presto,

Francesca 

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