mercoledì 11 marzo 2015

Del catturare e conservare

Buongiorno! Citofonare Francesca è tornato. Nelle ultime settimane il blog ha subito un arresto per forze di causa maggiore, che non sto qui a spiegarvi per aumentare il vostro tedio..vi basti sapere che siamo tornati, io e le mie sempre troppe parole. Nel corso di quest'ultima settimana ho subito strane coincidenze. Alcune volte devo essere un po' fatalista e crederci in questo destino. Si sono accavallati dettagli, immagini, storie che non possono essere taciute; meritano di essere raccontate. I prossimi tre post saranno uniti da un unico filo conduttore. Non vi svelerò la sostanza di questo filo. Ne riparleremo alla fine, quando saremo sommersi dalle nostre emozioni. 
Vorrei partire da lei : Vivian Maier.


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Io non sapevo chi fosse Vivian Maier, né tanto meno che fosse una fotografa. Ho tirato un enorme sospiro di sollievo, quando ho capito che nessuno, tranne pochi eletti, sapesse chi fosse mai stata Vivian Maier, fino ad una decina di anni fa. Devo ringraziare ora e per sempre Daniela. Lei mi ha spinto pochi giorni fa ad essere curiosa, ed a guardare il documentario Alla ricerca di Vivian Maier, andato in onda lo scorso venerdì sui Rai5. 
Alla ricerca di Vivian Maier è un documentario del 2013, diretto da John Maloof e Charlie Siskel. 84 minuti di pura poesia. Maloof è  lo scopritore di Vivian Maier. Nel 2007, in procinto di scrivere un libro sul suo quartiere di Chicago, acquistò ad un mercatino delle pulci una scatola piena di negativi non ancora sviluppati ed iniziò a portarli alla luce fra le mura domestiche. Scoprì Vivian. Scoprì centinaia di foto, che poi diventarono altre centinaia, un vecchio magazzino pieno di altri rullini e negativi, dei filmati in 8 e 16 mm, ritagli di giornale catalogati, biglietti, ricevute, registrazioni audio, spille, scarpe, cappelli. Vivian era tutto questo. Vivian era una collezionista compulsiva. Vivian viveva per i dettagli. Vivian era una fotografa. Vivian creava arte. 


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Maloof non ha scoperto solo un'artista, che per sua volontà o meno, non si era mai esposta al giudizio del grande pubblico; ha scoperto anche una vita, una vita romanzata. Si discute ancora della nazionalità di questa donna : era americana, austriaca, francese? Lei ha finto per tutta la sua vita un accento francese, le sue radici affondano in un piccolo paesello francese; ma nessuno sa da dove provenisse veramente Vivian.
Iniziò a lavorare come operaia, ma la vita al chiuso non faceva per lei. Voleva restare in contatto con il mondo, vedere persone e situazioni, luoghi; iniziò così a fare la tata, e condusse questo compito in maniera mirabile. Vivian amava così tanto i bambini, quanto detestava gli uomini. Li fotografava certo, ne raccontava le gesta, ma nel rapporto con la donna li odiava, sottolineava sempre la loro volontà di supremazia, di sopraffazione.
Vivian era sola, sebbene 24 ore su 24 fosse attorniata da gente e da bambini urlanti, era una donna profondamente sola. Morì di vecchiaia e solitudine in un ospedale. Non credo avesse voluto una fine agitata, piena di gente invadente..credo solo avesse voluto morire fra le sue cose, nella sua vita.
Le fotografie di Vivian sono cronache cittadine di New York, Chicago, Los Angeles. Si spingeva nelle sue giornate libere nei sobborghi più poveri, avvicinava la gente e la fotografava. Sono foto di umanità, foto di strada. Bambini sporchi, poveri contro donne in pelliccia. Persone al limite, o borderline come sarebbero definiti oggi, contro donne di una bellezza raffinata. 


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Vivian non temeva la gente, l'amava, la desiderava, ne voleva catturare l'ultimo sguardo.
Si prese un anno sabbatico dal lavoro e fotografò il mondo, i suoi popoli : Sud America, Paesi Arabi, India. Un caleidoscopio di immagini, culture, occhi ed un'unica donna ad affrontarli, a farli suoi.
Nel documentario non viene risparmiato nulla alla Maier, nemmeno i suoi lati più oscuri.
All'inizio sono rimasta leggermente turbata da cosa raccontavano alcuni "bambini" dell'epoca; poi mi sono chiesta chi fossi io per giudicare una donna della quale nessuno ha mai saputo nulla, una donna che ha dedicato la sua vita alla cura degli altri, una donna che non voleva apparire, ma solo catturare e conservare. Ognuno di noi ha dei lati oscuri, spesso li vorremo cacciare, ma non sarà mai la soluzione migliore.
Questa donna e questa vita mi hanno colpito in maniera forte, come un pugno nello stomaco.
Le foto e la sua storia sono di una bellezza straziante ed i suoi piccoli "tesori" valgono ore ed ore di archiviazione e riordino. Forse mi sono un po' ritrovata in lei. Io conservo, spesso e molto. Per i più sono cose inutili, cose di cui potrei fare a meno, cose che creano solo confusione e disordine.
Non preoccupatevi, non vi trovate di fronte ad un'accumulatrice seriale, non chiamate nessuno specialista. Io conservo carta stampata, per lo più. Libri, appunti, annotazioni, recensioni, articoli. Non getterei mai un articolo scritto bene, una riproduzione di un quadro su una carta lucida qualunque, o quattro idee sbilenche che mi potrebbero venire chiuso questo post.
Ho una venerazione per la parola ed il suo uso, e devo preservarla dal logorio del tempo e dalle menti annebbiate. In eredità lascerò casse di libri e di appunti, di giornali ingialliti e di foto che mi hanno emozionato. Lascerò anche il mio amore per Vivian.

Vi allego un intervento di Alessando Baricco riguardo la sua personale scoperta di Vivian :
http://interestingpress.blogspot.it/2014/03/la-tata-col-rolliflex.html

Qui vi lascio il sito ufficiale del lavoro di Vivian :
http://www.vivianmaier.com/

A prestissimo, Francesca



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