Buon pomeriggio a tutti voi! Oggi vi parlerò di postini e poeti, strana combinazione direte, ma alla fine della lettura non vi sembrerà così azzardato. Oggi ben 116 anni fa nasceva uno dei più grandi poeti e drammaturghi spagnoli Federico Garcia Lorca, ucciso poi durante la Guerra Civile spagnola nel 1936, per opera di sconosciuti certamente appartenenti al nazionalismo fascista. Durante gli studi svolti a Madrid, Federico entrerà in contatto e stringerà amicizia con Luis Bunuel e Salvador Dalì, così come altri personaggi della storia spagnola. L'opera poetica di Garcia Lorca non è ancora del tutto stata svelata, tuttavia la sua produzione si può dividere fra periodo andaluso, "nueva maniera esperitualista", "poeta en Nueva York" e "sonetos del amor oscuro". Non sto qui a tediarvi inutilmente con note biografiche, analisi lessicali o di contenuto delle varie opere. Lascio spazio solo alle poesie.
Luna
La luna venne alla fucina
col suo sellino di nardi.
Il bambino la guarda, guarda.
Il bambino la sta guardando.
Nell’aria commossa
la luna muove le sue braccia
e mostra, lubrica e pura,
i suoi seni di stagno duro.
Fuggi luna, luna, luna.
Se venissero i gitani
farebbero col tuo cuore
collane e bianchi anelli.
Bambino, lasciami ballare.
Quando verranno i gitani,
ti troveranno nell’incudine
con gli occhietti chiusi.
Fuggi, luna, luna, luna
che già sento i loro cavalli.
Bambino lasciami, non calpestare
il mio biancore inamidato.
Il cavaliere s’avvicina
suonando il tamburo del piano.
nella fucina il bambino
ha gli occhi chiusi.
Per l’uliveto venivano,
bronzo e sogno, i gitani.
le teste alzate
e gli occhi socchiusi.
Come canta il gufo,
ah, come canta sull’albero!
Nel cielo va luna
con un bimbo per mano.
Nella fucina piangono,
gridano, i gitani.
Il vento la veglia, veglia.
Il vento la sta vegliando.
col suo sellino di nardi.
Il bambino la guarda, guarda.
Il bambino la sta guardando.
Nell’aria commossa
la luna muove le sue braccia
e mostra, lubrica e pura,
i suoi seni di stagno duro.
Fuggi luna, luna, luna.
Se venissero i gitani
farebbero col tuo cuore
collane e bianchi anelli.
Bambino, lasciami ballare.
Quando verranno i gitani,
ti troveranno nell’incudine
con gli occhietti chiusi.
Fuggi, luna, luna, luna
che già sento i loro cavalli.
Bambino lasciami, non calpestare
il mio biancore inamidato.
Il cavaliere s’avvicina
suonando il tamburo del piano.
nella fucina il bambino
ha gli occhi chiusi.
Per l’uliveto venivano,
bronzo e sogno, i gitani.
le teste alzate
e gli occhi socchiusi.
Come canta il gufo,
ah, come canta sull’albero!
Nel cielo va luna
con un bimbo per mano.
Nella fucina piangono,
gridano, i gitani.
Il vento la veglia, veglia.
Il vento la sta vegliando.
Qui sopra vi lascio con una chicca che ho scovato su YT, ascoltatela e lasciatevi trasportare dalle immagini e dal calore.
Pochi giorni fa è stato l'anniversario della morte di Massimo Troisi, grande attore italiano che ci ha lasciati troppo presto. Chi non ha mai visto il film che lo ha reso immortale?
Tratto da un romanzo dell'autore cileno Antonio Skàrmeta, il film parla del rapporto di amicizia che si crea fra il postino del luogo Mario ed il grande poeta cileno Pablo Neruda, lì confinato in esilio. Mario imparerà dal poeta a creare le metafore, grande cruccio del postino, ed a discorrere di poesia. Riuscirà, grazie all'aiuto di Neruda ( qui interpretato magistralmente da Philippe Noiret ) a far innamorare Beatrice, a sposarla e ad avere da lei un figlio che però non potrà mai conoscere, perché verrà ucciso durante una manifestazione comunista. Quando il poeta tornerà sull'isola dopo cinque anni di lontananza troverà una registrazione con tutti i suoni dell'isola che Mario aveva preparato per lui, per fargli rivivere tutta la loro avventura.
Il film è stupendo, la colonna sonora magnifica. Pregno di poesia, dolcezza e sensualità. Vi consiglio caldamente anche il libro. Vi lascio con una poesia di Neruda, tratta dalla raccolta Cento sonetti d'amore. Questo era l'amore per Neruda, la passione, la gelosia, il furore, la rinuncia ed il ritorno.
Verrai con me" - dissi - senza che nessuno sapesse
dove e come palpitava il mio stato doloroso,
per me non v'era garofano né barcarola,
null'altro che una ferita aperta dall'amore.
Ripetei: vieni con me, come se morissi,
e nessuno vide sulla mia bocca la luna che sanguinava,
nessuno vide quel sangue che saliva al silenzio.
Oh amore dimentichiamo ora le stelle con spine!
Ma quando udii che la tua voce ripeteva
"Verrai con me" - fu come se scatenassi
dolore, amore, la furia del vino incarcerato,
che dalla sua cantina sommersa salisse
e di nuovo nella mia bocca sentii un sapore di fiamma,
di sangue e di garofani, di pietra e bruciatura.
Poema XX, da 20 poesie d'amore ed una canzone disperata.
Buon ascolto, buona visione, buona lettura, buon tutto.
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