mercoledì 11 giugno 2014

Il venerdì di Natalia

Buon pomeriggio! Citofonare Francesca ha ricominciato a rispondere solo oggi causa week-end piuttosto impegnativo e stancante, e gatto febbricitante ( spero di risolvere la questione stasera con una buona dose di farmaci ). Oggi vi vorrei parlare di un appuntamento che settimanalmente mi accompagna da quando di anni ne avevo quattordici. Il Venerdì di Repubblica. Ci siamo, è inutile che vi nasconda quale siano le mie idee politiche, gli ideali in cui credo,  il mondo che vorrei etc etc. Il blog è personale, e come tale ci riverso i miei pensieri, le mie sensazioni e quello in cui credo di più. Famiglia, educazione, scuole frequentate, esperienze personali mi hanno portato negli anni a seguire la corrente più a sinistra, diciamo così. Ne sono fiera, e rifarei questa scelta altre mille volte. Tornando a monte, dicevo che fin da che ero una ragazzina, avevo un appuntamento fisso il venerdì in edicola; Repubblica con il supplemento settimanale, il Venerdì. A 14 anni mi sembrava di spalancare una finestra sul mondo, che solo in pochi mi potevano concedere. Potevo leggere del mondo, iniziare a capire qualcosa di politica, scoprire scrittori, registi,direttori di teatro. Ho delle immagini stampate in mente che solo il lento oblio dell'età forse mi farà dimenticare. Gli anni del liceo e dell'università sono stati segnati da questa tappa fissa dall'edicolante di fiducia; gelidi inverni o torride estati non mi distoglievano dal mio impegno. Mi ricordo benissimo quando una decina d'anni fa circa, o forse anche qualcosina di più, andai a fare un colloquio per un posto da assistente alla poltrona presso un dentista locale. Studiavo ancora, ma il lavoro mi avrebbe occupato solo 2/3 giorni a settimana per cui tentai. Era uno di quei colloqui con il test a risposta multipla ( sindrome fantozziana :) ) . Risposi tranquillamente a tutte le domande sull'attualità, sulla letteratura, persino una domanda in merito ad una situazione che allora imperversava in Kosovo. Il dentista rimase impressionato, quasi turbato e non mi scelse perché a guardare in bocca, secondo lui, sarei stata sprecata. Mi chiese come facessi a sapere tutte quelle nozioni, anche del giorno prima, io risposi : "Leggo", ma gli avrei voluto dire "Leggo il Venerdì". Ancora adesso mi chiedo se avrei dovuto raccontare guerre in Kosovo o romanze francesi ai pazienti al posto dell'anestesia. Io quindi ve lo ripeto con voce incessante ed anche un po' gravosa, leggete, leggete, leggete. E non solo il Venerdì, badate bene. Leggete qualsiasi cosa vi possa portare informazioni, vi possa incuriosire, entusiasmare, far amare il mondo. Certo, evitate certi giornalacci! 


Negli anni, ho imparato ad amare una parte particolare del settimanale, le Questioni del cuore di Natalia Aspesi. Detta così la faccenda vi farà sicuramente fare delle sonore risate. Posta del cuore, tu? Per di più su Repubblica? Badate bene..la posta del cuore della Sigr.ra Aspesi non è cosa lieve, è una disamina sociologica di tutto quello che riguarda la sfera affettiva e ci gira intorno. Amicizia, amore, tradimenti, famiglia, solitudine, femminismo, maschilismo. Tutto viene scandagliato nei minimi particolari, penetrando a fondo nell'animo di chi scrive. La giornalista Aspesi è arguta, a volte cinica, sempre realista, alle fiabe ci crede poco, ai lieti fini ancora meno. E' avida invece di quesiti, dubbi, perplessità che vengono esposte in maniera chiara e senza troppi peli sulla lingua, in forma di risposta a chi le scrive. Non renderei giustizia alle altre migliaia di risposte, se qui ve ne riproponessi una. Non vi resta che acquistare il prossimo Venerdì o chiedere in prestito a me uno dei tanti che ho archiviato :) . Natalia Aspesi è anche saggista, si occupa di costume e dolce vita, con uno sguardo sempre tagliente. Non ho ancora letto nulla, ma dovrò rimediare.

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Questo è tutto, per oggi. Vi ho lasciato un messaggio subliminale. Guardate bene, ne riparleremo domani.
Buona serata!

Francesca 

3 commenti:

  1. :-) Francy.....ma scrivi da Dio!
    Complimenti! :-)

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  2. IL GABBIANO

    Mamma, ti ricordi quando da piccola ti dicevo che avrei voluto essere un
    gabbiano, si uno di quei gabbiani che noi vedevamo volare sopra il mare durante le nostre passeggiate sulla spiaggia.
    Ero affascinata dal loro volteggiare e con il dito ti indicavo quelli che man mano si libravano dagli scogli verso il mare aperto.
    Tu sorridevi e mi accarezzavi i capelli, io seguitavo, rassicurata dalla tua
    carezza, a guardarli e ad immaginarmi al loro posto chiudendo gli occhi e pensando ai mille riflessi prodotti dal sole sull’acqua del mare che essi
    ammiravano.
    Pensavo è questo il senso della vita, anche io da grande dovrò librarmi dallo scoglio della mia esistenza verso il mare aperto della vita.
    Quando sono diventata grande, lo sai, l’ho fatto e sono andata a vivere da sola la mia vita, lasciando la casa che mi aveva vista nascere spinta dal richiamo del mare della vita.
    Poi, lo sai, mi ero illusa di avere trovato l’amore ed in quel momento la
    mia casa mi è sembrata la nostra casa.
    Questa è la gioia che avevo provata, ma poi quello che avevo pensato fosse l’amore, si è sciolto come neve al sole lasciandomi sola in quella casa che non era più la mia casa.
    Il pensiero subito ha rievocato nella mia mente il gabbiano ed ho pensato che anche esso nel suo volo si allontana dal suo nido e che certe volte si spinge per l’anelito di libertà oltre le sue forze raggiungendo un punto di non ritorno dal quale cerca invano di ritornare al suo nido, ma
    la lontananza ed il vento spesso contrario lo abbattono stremato sulla
    superfice del mare, dove dibattendosi, per qualche istante, trova la sua
    dolorosa morte.
    Anche io, mamma, mi sono spinta nel mare della vita per l’anelito di
    libertà verso un punto di non ritorno.
    Invoco la tua mano che possa tendersi verso di me per guidare il mio volo verso casa, quella vera dove vi era una famiglia piena d’amore, ma tu non ci sei più e quella casa ormai è vuota.
    Le mie ali sono state tarpate dal vento della vita e non sono più capace di volare, mi dibatto stanca e malata ed i bagliori che appaiono sull’acqua
    prodotti dal sole della vita mi lasciano insensibile e mi rattristano profondamente.
    Mamma, voglio dedicarti l’ultimo mio alito di vita pensando alle tue dolci carezze sui miei capelli biondi, quella sarà l’ultima immagine che porterò nel cuore, quando avrò dato l’estremo battito delle mie ali ed esalato l’ultimo respiro.

    Vittorio Banda

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